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A ogni viaggiatore il suo ricordo

Fra paccottiglia e ammennicoli di nessun valore, una particolare categoria di souvenir, nata a metà Ottocento insieme al gusto di viaggiare e alla necessità di assicurare alla memoria ciò che si è visto, è costituita da album-ricordo contenenti incisioni, fotografie e cartoline. Acquistati già pronti o realizzati con gli scatti e i disegni raccolti in viaggio, servivano per documentare le bellezze viste e per condividere con chi era rimasto a casa le incomparabili meraviglie ammirate di presenza. In questo articolo, una panoramica di alcuni inediti esemplari palermitani.


Articolo tratto dalla Rivista Kalós n.1 del 2010
Testo di Daniele Anselmo e Dario Lo Dico*
* Avvocati, collezionisti, cultori di storia cittadina.


Nel dicembre del 1919, lasciando Parigi per New York, Marcel Duchamp porta con sé un dono per Louise e Walter Arensberg: un originale e dissacratorio ready-made, variazione dada sul tema del souvenir, denominato Air de Paris. Si tratta di una provocazione lanciata contro tutto ciò che il tradizionale souvenir e la società che ne alimentava la produzione rappresentavano. Ed infatti allora, come oggi, molteplici possono essere i supporti e gli oggetti, taluni di uso comune, altri davvero stravaganti, utilizzati come souvenir, grazie alla loro capacità di suscitare il ricordo di un luogo, di una sensazione, di un’emozione. Foulard, cartoline, disegni, libri, immagini su qualsiasi supporto realizzate, tazze, teiere, ventagli, mattonelle, conchiglie, scatole di cerini, fino alle moderne calamite, sono divenuti, nel tempo, oggetti immancabili nel bagaglio del viaggiatore.

Da tale moda non è rimasto esente neanche il viaggio in Sicilia e nelle sue principali città, divenute, a fine Ottocento, meta del primo “turismo di massa” promosso dai racconti di viaggio e da riflessioni divenute celebri, come quella del marchese di Ormonde, che in Autumn in Sicily scrive: “Recita il proverbio ‘vedi Napoli è poi muori’, io ho preferito il prolungamento della vita che mi ha permesso di comparare Napoli con Palermo”.


Con l’allargarsi del fenomeno del viaggio e soprattutto della platea dei viaggiatori, si perse la tradizione del taccuino di schizzi e ne iniziò un’altra, questa volta imprenditoriale dell’album di ricordi, all’interno del quale, su scala industriale, venivano riprodotti i siti più belli o caratteristici del luogo prescelto. Fu così che gli editori, le stamperie e le piccole tipografie iniziarono ad effigiare anche la Sicilia e Palermo in opuscoli di varia dimensione, costo e qualità.

Fra le più belle raccolte di vedute rintracciate nelle collezioni private palermitane vanno citate quella composta da 12 vedute più interessanti della città di Palermo e i suoi contorni, dedicata a sua “Ecc. sig. Duca di Terranova e Monteleone Grande di Spagna di 1 classe amatore e protettore delle belle arti”, realizzata ad incisione su rame da Giuseppe De Bernardis intorno al 1822, e l’altra, altrettanto rara, costituita da dieci raffinate litografie realizzate, intorno al 1840, dalla mano del principe Ettore Aragona Pignatelli ed incise da Emeric de Tamagnon, intitolata Sicile, stampata in poche copie a cura e spese dell’autore per farne omaggio ai suoi amici. [...]


Se queste raccolte possono essere di diritto annoverate tra le migliori conosciute, ve ne sono tuttavia delle altre, successive al 1860, che pur mantenendo alcuni caratteri di pregio artistico e gradevolezza, risultano qualitativamente inferiori alle prime. Si tratta di raccolte di vedute, destinate ad un’ampia commercializzazione, che si collocano a metà tra l’utilizzo delle vecchie tecniche litografiche e quelle fotolitografiche, che caratterizzeranno la fine dell’Ottocento e tutto il Novecento. Alcuni di questi album, generalmente di piccolo formato, venivano persino offerti dai negozianti o dalle ditte locali ai propri clienti come omaggi per gli acquisti effettuati o come ingenui mezzi di fidelizzazione. Le ditte più facoltose, poi, facevano stampare opuscoli riguardanti varie città, in modo tale da invogliare il cliente a completare la propria collezione acquistando i prodotti aziendali. Esempi di tali ricordi sono quelli fatti stampare per conto della Premiata Cartoleria Ignazio Marotta di Palermo, quello stampato da Felice Bisleri, produttore del rinomato liquore Ferro-China Bisleri, per i tipi dello Stabilimento tipo-litografico Rosti di Milano, intorno al 1891, o quello di pari data offerto dalla Fabbrica di letti in ferro Vincenzo Catalano di Antonio, stampato dalla R. Cartoleria e Tipo-litografia Andrea Brangi di Palermo, all’interno del quale si può ammirare anche una bellissima litografia raffigurante il panorama dell’Esposizione Nazionale di Palermo.

È, per l’appunto, quest’ultimo evento a rappresentare lo spartiacque tra i ricordi ottocenteschi e quelli del Novecento. [...]


Tale svolta è influenzata anche dall’avvento delle nuove tecniche in campo editoriale; i disegni e le incisioni dei primi album vengono sostituiti da nuovi libretti di 32 fotografie o cartoline. Si tratta di piccole, raffinate edizioni, dotate di coloratissime copertine litografate o più spesso serigrafate, realizzate anche con tecniche a rilievo, in versione rigida o semirigida, frutto del gusto imperante nell’ambiente che di volta in volta le ha prodotte. Sfogliandole, si scoprono i principali topoi che rendevano riconoscibile la città all’estero; e così nel caso dei Ricordi di Palermo sulle copertine, come all’interno, si trovano, incorniciate da rami di limone, fiori di zagara, e festoni di arance della Conca d’oro, immagini di Monte Pellegrino ripreso dal mare, delle cupolette rosse di San Giovanni degli Eremiti, della Cattedrale di Palermo, sino alle immagini dell’immancabile carretto siciliano bardato con tutti i vestimenti tipici.

Il carretto campeggia, ad esempio, nei “ricordi” fatti stampare, nei primi del Novecento, per pubblicizzare le proprie merci e per offrire ai clienti un elenco con i principali indirizzi cittadini (hotel, pensioni, ristoranti, teatri e siti da visitare) dalla ditta Daneu e C. di Palermo; è questa, infatti, un’altra delle principali funzioni di tali “ricordi”, diversissimi nella veste grafica esterna ma uguali nella selezione di immagini interne: ognuno di essi doveva fornire delle informazioni utili per consentire di orientarsi in città; ecco perché all’interno della copertina era sempre inserita una piccola pianta del centro storico, dotata di apposita legenda, e dietro ad ogni immagine una piccola didascalia quadrilingue ragguagliava sommariamente sull’immagine stessa.

[...]

Purtroppo la seconda guerra mondiale interruppe bruscamente, fra le altre cose, anche la produzione di questi piccoli oggetti d’arte e nell’immediato dopoguerra vennero prodotte collezioni di scarso valore e poca inventiva, caratterizzate principalmente dalla monocromia dei contenitori, dal numero ridotto di immagini della città (generalmente 20) e dalla diminuzione del formato.

Comunque sia andata, e soprattutto alla luce dei nuovi supporti digitali di archiviazione (con tutte le loro incertezze), questi libretti tutti insieme, o singolarmente considerati, hanno offerto e offrono a chi li acquistava, e a chi oggi li raccoglie, l’opportunità di tenere racchiuse le principali informazioni e le sensazioni di un viaggio, di un’esperienza circoscritta nel tempo ma che poteva e può essere rivissuta a distanza di anni, riaprendo e sfogliando il souvenir divenuto nel frattempo depositario, se non surrogato, delle emozioni già vissute.

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