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John Brett, un pittore preraffaellita in Sicilia

Articolo tratto dalla Rivista Kalós n.1 del 2010


John Brett, un pittore preraffaellita in Sicilia

Testo di Julian Treuherz

* Storico dell’arte, già direttore della Walker Art Gallery, Liverpool


Il paesaggista preraffaellita John Brett si recò per tre brevi visite in Sicilia tra il 1860 e il 1870. Non esplora l’interno, né s’interessa dei siti antichi o dei costumi della gente. Montagne e mare, soggetti principali del suo lavoro, dominano il più importante dei suoi due dipinti siciliani: l’Etna dalle alture di Taormina


Il gruppo preraffaellita fu fondato nel 1848 dai giovani artisti Dante Gabriele Rossetti, Holman Hunt e John Milais, con l’intento di riformare l’arte inglese che reputavano superata, stereotipata e priva di entità. Rifiutavano le grandi composizioni e il chiaroscuro introdotto nell’arte occidentale da Raffaello e la sua scuola che ancora dominavano l’insegnamento accademico e svilupparono un nuovo stile, usando dettagli meticolosi, acute messe a fuoco, visioni realistiche e colori vividi. Non cercavano di copiare i primitivi italiani, precedenti a Raffaello, ma di ricreare piuttosto la semplicità, la purezza e la freschezza della loro visione in un nuovo modo.
I dipinti siciliani di Brett non nascono dalle romantiche ed emotive figure dipinte dai Preraffaelliti, ma dai loro paesaggi.
Grande influenza sui paesaggi preraffaelliti ebbero gli scritti del critico d’arte John Ruskin che incoraggiò gli artisti a lavorare all’aperto, a dipingere direttamente dalla natura senza riadattamenti successivi, usando dettagli minuziosi, ed evitando espedienti compositivi tipici dei vecchi maestri come alberi incorniciati e prospettive aeree. La nuova attitudine al paesaggio aveva anche una dimensione religiosa, perché per Ruskin, la natura era la manifestazione esteriore della creazione di Dio, e quindi era un dovere sacro dipingere la natura in maniera reale. Anche dopo la teoria dell’evoluzione di Darwin che cambiò le tradizionali teorie sulla creazione, avviando la riconsiderazione di molte credenze religiose, la veridicità nel dipingere paesaggi rimase per i Preraffaelliti una morale se non un religioso imperativo. Rilevante per Brett fu l’aspetto scientifico della pittura paesaggistica: Ruskin sottolineò l’importanza per il pittore paesaggista di una conoscenza dettagliata della storia geologica e delle forme delle rocce e delle montagne. Le idee di Ruskin sulla natura emergono nel famoso ritratto che gli dedicò Millais, in cui il critico è in piedi sulle acque che scorrono perpetue sulla roccia di antica formazione a Glenfinlas in Scozia. Brett non fu membro dell’originario gruppo dei preraffaelliti, ma come una serie di altri talentuosi giovani pittori dell’inizio del 1850, fu attirato dal nuovo gruppo. Nato in Surrey nel 1831, mostrò da giovane pari interesse sia per l’arte che per l’astronomia, ma optò per l’arte. Brett all’inizio incontrò Holman Hunt nell’inverno del 1852-3 e scrisse nel suo diario, il 18 maggio 1853: “Sto andando rapidamente verso il Preraffaellismo – Millais e Hunt sono davvero raffinati compagni che ammiro e rispetto enormemente. Ho stabilito di prendere parte nel futuro a un corso di perfezionamento e a un quasi infantile studio nella natura. A breve seguirò i loro passi”. In seguitò entrò alla Royal Academy School di Londra, e fece il suo debutto alla Royal Academy Summer Exhibition. Il suo Spaccapietre del 1857-8, che ritrae un povero ragazzo, assorto nel suo umile lavoro di rompere pietre per la costruzione delle strade, è una critica sociale con una dimensione spirituale: l’albero rachitico in cui germogliano le foglie simboleggia la salvezza del ragazzo. Ma il dipinto è anche un tour de force di pittura del paesaggio, un’esatta trascrizione di una precisa veduta del Surrey con ogni dettaglio reso minutamente e accuratamente. Brett entrò far parte della cerchia dei Preraffaelliti, esponendo alle mostre a essi organizzate. Alla fine del 1850 sembrò che si stesse invaghendo della poetessa Cristina Rossetti, sorella del pittore ante Gabriele Rossetti, ma non accadde nulla. Il lavoro di Brett in quel periodo consisteva di ritratti e soggetti umani ma dipingeva anche paesaggi, vedute alpine realizzate durante due visite in Svizzera. Questi erano notevoli per l’incredibile quantità di dettagli e per l’accuratezza scientifica con cui erano dipinti ghiacciai, alpi e scenari montani. Ruskin ne comprò uno: una veduta della valle d’Aosta, ma non l’apprezzò totalmente scrivendo “sembra del tutto privo di emotività… non ho mai visto uno specchio così fedele alla natura, ma esso è il lavoro dello specchio, non dell’uomo”. A questa linea critica, per la quale l’artista diventava una specie di copista impersonale, un automa, fece eco ciò che scrissero altri sulla pittura di Brett: il pitto-re “ultraconservatore” William Powell Frith, fermo oppositore dei Preraffaelliti, criticò Brett come il leader della “map school of art”. La prima grande veduta di Brett, L’Etna dalle alture di Taormina, fu tiepidamente lodata da un critico come “una scena accuratamente progettata”. Ma oggi l’attenzione per la precisione e i dettagli può essere vista come una qualità positiva: egli sembrava avere una vista straordinariamente acuta, e secondo una tradizione di famiglia, probabilmente apocrifa, sarebbe stato capace di vedere le quattro lune del pianeta Giove a occhio nudo.
Per la prima volta Brett visitò la Sicilia nel settembre del 1863 in un viaggio per mare verso il Mediterraneo, passando da Gravesend sull’estuario del Tamigi il 15 agosto, raggiungendo Gibilterra il 27 agosto e Malta il 6 settembre. Il tragitto di questo e dei suoi viaggi successivi può essere tracciato attraverso i suoi taccuini conservati presso il National Maritime Museum di Londra. II primo disegno dell’Etna di Brett è datato 7 settembre 1863 e mostra il vulcano visto dalla nave a una certa distanza dalla costa. In questo disegno Brett descrive l’Etna come “delicato, rosso, nebbioso” e le sue colline dal “color sabbia”.

Egli in seguito navigò verso nord e passò l’inverno tra 1863 il ’64 a Capri e a Sorrento. Il principale esito artistico di questo soggiorno fu un grande olio Massa, Baia di Napoli (Indianapolis Museum of Art) che espose a Londra nell’estate del 1864. L’inverno seguente ritornò nel Mediterraneo, di nuovo in nave. Visitò brevemente Palermo, facendo degli schizzi di Monreale e della Zisa. Ritornò in nave a Capri e vi passò l’inverno. Brett giunse in Sicilia per la terza e ultima volta nell’inverno del 1870-1 per una ragione precisa. Partì con un gruppo di eminenti scienziati, come membro di una spedizione per osservare l’eclissi solare che avvenne il 22 dicembre 1870. Tra i partecipanti si includono Norman Lockyer, fondatore del giornale “Nature”, W.G. Adams, professore di filosofia della natura al King’s College di Londra, e Henry Roscoe, professore di chimica all’Owen’s College di Manchester. I membri della spedizione si incontrarono a Napoli nel dicembre del 1870 e salparono per la Sicilia a bordo del battello Psyche. Sfortunatamente lo Psyche si incagliò in uno scoglio a Capo Mulini, vicino ad Acireale; e i partecipanti della spedizione furono costretti ad abbandonare l’imbarcazione. Fortunatamente il tempo era mite e nonostante le rocce frastagliate, gli scienziati e l’equi-paggio formarono una linea per passarsi la maggior parte dei bagagli dalla barca danneggiata alla riva. Alcuni bagagli personali andarono persi, ma tutti gli strumenti scientifici furono salvati e portati a Catania. La spedizione intendeva usare Siracusa come base, ma il naufragio portò ad un cambiamento di programma. Lockyer restò a Catania per fare le sue osservazioni, mentre Roscoe accompagnò un gruppo sulle pendici dell’Etna e Brett fu mandato come parte del gruppo di Adams ad Augusta, dove allestirono un accampamento. Sfortunatamente la spedizione sull’Etna fallì. Gli uomini arrancarono fino a 5.000 piedi sul vulcano con i loro strumenti legati sui muli, ma il tempo sull’Etna era disastroso, pioggia grandine e neve, e la mattina dell’eclissi la cima era ricoperta di nebbia, rendendo impossibili le osservazioni. Nonostante il cattivo tempo il gruppo di Catania effettuò alcune utili osservazioni sull’intensità della luce del giorno durante l’eclissi, e ad Augusta Brett fu capace di vedere la corona (strato più esterno dell’atmosfera solare che può essere visto chiaramente durante un’eclissi solare) attraverso il suo telescopio per quasi dieci secondi. Egli la disegnò e poi la descrisse in uno scritto per la Royal Astronomical Society come “una massa di fiamme che ribolle debolmente” paragonandola alla “combustione del legno nel forno del panettiere quando è quasi esaurita”. Egli fu premiato per i suoi risultati, e subito dopo la spedizione fu eletto socio della Royal Astronomical Society. Più tardi diede altri contributi per il lavoro della società, installando un proprio telescopio nella sua casa di Putney nel sud di Londra. L’eclissi avrebbe potuto essere il motivo principale per ritornare in Sicilia, ma è più probabile che egli andasse nell’Isola anche con l’idea di realizzare un grande dipinto dell’Etna. Ancora prima che la barca si arenasse egli aveva fatto parecchi schizzi dall’imbarcazione, tra cui alcune vedute di Aci Castello, Taormina e Messina, nelle quali l’Etna domina lo sfondo. Il primo vero di-segno che egli fece ad Augusta fu una sagoma del vulcano, da-tata 18 dicembre, prima dell’eclissi del 22. Lo schizzo è intitolato Etna dalla Cittadella. Il punto di vista di Brett era il castello svevo che si erge sulla città, con l’Etna sullo sfondo e di fronte il mare. Dopo l’eclissi, una volta partiti i colleghi scienziati, Brett rimase invece a Taormina a lavorare al suo dipinto L’Etna dalle alture di Taormina. Il suo taccuino includeva vedute del teatro, varie scene di strada e ritratti incluso quello del suo affittacamere, Don Ciccio Florida. In una lettera a un amico datata il 13 gennaio, scriveva: “il clima è stato così atroce che non fu possibile lavorare… la pioggia piuttosto costante… pochi progressi nei disegni: la condizione di isolamento estremo, cibo cattivo, gente più che civile, genti le”. L’ultimo schizzo di Taormina è datato 12 febbraio. Poco dopo Brett dovette lasciare i Sicilia, poiché il 20 aveva raggiunto Gibilterra. L’Etna dalle alture di Taormina mostra il vulcano visto da un’alta terrazza a est del teatro romano.

Il soggetto principale nel suo dipinti, l’Etna, dimostra chiaramente il fascino suscitato in Brett, così come in tutti i visitatori della Sicilia. In un articolo scritto il 17 gennaio a Taormina e pubblicato nel giornale “Nature”, Brett scrisse una dettagliata descrizione dell’aspetto cangiante dell’Etna a causa dell’eclissi. “La grande quantità di fumo che di solito fuoriusciva dal cratere con una tale continuità che non avresti potuto percepire alcun movimento senza porvi estrema attenzione, improvvisamente cessò circa tre giorni fa, e lasciò nient’altro che un sottile filo di fumo, più simile al comignolo di un cottage che ad un vulcano. Lo definisco fumo per-ché il colore è diventato senza dubbio più scuro di quanto era prima, e il modo in cui si dissipa è differente. In passato, dopo essere uscito dal cratere assumeva la forma di vere nuvole e giaceva attorno alla montagna esattamente come le nuvole: adesso, si diffonde come sottile velo sul cielo, a volte tracciandosi in una striatura lungo la costa della Calabria. La sua intensità è forse una centesima parte di quella della settimana passata. La corona che oscilla apparentemente da una parte all’altra del cratere si manifesta chiaramente in una forma a spirale; a volte ci sono piccoli sbuffi di grandezza maggiore, mentre in altri momenti la corona è quasi circondata. “La data del cambiamento non può essere definita con precisione, sebbene io abbia osservato la montagna a tutte le ore del giorno per tutta la settimana passata, nella speranza di ottenere un corretto quadro ai fini pittorici. Le nuvole si so-no completamente schiarite sol-tanto ieri, ma ho osservato che un cambiamento nella corona è avvenuto non prima di venerdì 13 gennaio”.

Queste osservazioni trovano conferma nei taccuini che contengono parecchi disegni delle sagome cangianti del vapore e delle ombre da esso proiettate con annotazioni che descrivono con precisione le forme e i colori in momenti particolari. Per esempio, Brett disegna il vulcano alle 10,20 del 4 febbraio “uno o due minuti dopo la grande eruzione di cenere” descrivendo i colori blu cobalto, vermiglio e marrone, e il giorno seguente annota in un altro schizzo “la cima fuligginosa vista questa mattina, che mostra anche una nuova eruzione di vapore”. Da questo si evince l’approccio scientifico di Brett per la cura dei dettagli. È evidente la sua capacità di osservazione, ma anche la sua conoscenza del paesaggio vulcanico, probabilmente derivata dal libro di Charles Lyell, /principi della geologia, pubblicato per la prima volta nel 1830-33, e ristampato in varie edizioni.


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