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I Monsù e la cucina francese, status symbol dell'aristocrazia meridionale nell'Ottocento

L'arrivo della figura francese del Monsù nel corso dell'Ottocento rivoluziona la cucina del Regno delle due Sicilie, creando nuovi piatti e cambiando lo stile di vita dell'aristocrazia meridionale.

Scopriamo questi personaggi e le loro invenzioni culinarie.

cucina dei monsù regno due sicilie


I Monsieur le Chef francesi

La parola Monzù o Monsù è una traduzione dialettale rispettivamente napoletana e siciliana del francese Monsieur le Chef, appellativo con cui venivano chiamati i capocuochi nelle case aristocratiche francesi.

La Francia, in effetti, ha una lunga tradizione culinaria: è qui ad esempio che è stato realizzato il primo ricettario della storia, il manoscritto Le Viandier, redatto nel 1380 e poi tradotto in quasi tutte le lingue del mondo.

Proprio in questo Paese, tra il 1715 e il 1750, avviene una vera e propria rivoluzione culinaria, con cui si passa da una cucina incentrata sulla carne - e che tra spezie, frollature e cotture plurime copre il sapore naturale delle cose - a una cucina che scopre gli alimenti freschi, i vegetali, le erbe aromatiche, le salse, le glasse, i legamenti.

Il prestigio culturale e artistico acquisito negli anni determina una profonda influenza sugli altri paesi, in particolare il Regno delle due Sicilie, che presto inizia a prendere appunti dalla cugina d'Oltralpe.

Il vero iniziatore di questa rivoluzione, già un secolo prima, può essere considerato François Pierre de La Varenne, inventore della besciamella e capostipite di quei cuochi-maestri di casa dai quali nascerà la grande cucina dell’Ottocento.

monsù pierre de la varenne


La nobiltà partenopea

Con il matrimonio, nel 1768, di Ferdinando IV di Borbone con Maria Carolina d’Austria, Napoli viene profondamente influenzata dalle abitudini francesi.

È infatti proprio la regina a introdurre nella città partenopea l'uso di affidare la cucina ai Monsieur, cuochi di alto rango il cui nome viene trasformato dai sottoposti partenopei in Monzù, una forma più semplice e immediata.

Quando i Borbone vengono spodestati dalle truppe napoleoniche, la maggior parte di questi professionisti, venuti insieme al loro seguito e custodi della tradizione della haute cuisine francese, si ritrova esule nel Regno delle Due Sicilie e inizia così la professione di cuoco di famiglia nelle case e nei palazzi dell’alta aristocrazia napoletana, dove assolve al compito di stupire i commensali con ricchi piatti elaborati.

Partendo da una base francese, i Monsù integrano i gusti e i piaceri della tavola partenopea riuscendo, in certi casi, a superare la cucina internazionale.

È  in particolare l’utilizzo della salsa di pomodoro a portare fama e successo alla cucina napoletana facendola affermare universalmente: essa va ad arricchire la parmigiana e la pizza e conferisce colore ai soffritti, ai timballi e ai supplì.

monsù napoli aristocrazia francia


Sappiamo che esistevano tre tipi di Monsù: a stipendio fisso, perché pagati anche per provvedere agli approvvigionamenti, a forfait perché pagati in base alla quantità delle portate preparate, a partito, cioè cuochi autorizzati anche a preparare pietanze per conto di terzi, utilizzando le cucine presso le quali erano stati ingaggiati.

Molti atti notarili riguardanti la vendita di palazzi nobiliari riportano l’indicazione Quarto del Monzù, riferita a un appartamento da destinare al signore della cucina, a dimostrazione della importanza assunta da questa figura.

In questo periodo di grande ricchezza culinaria, fa sorridere pensare alle reazioni di un turista d'eccezione, Johann Wolfgang Goethe, che nel 1787 scrive sul suo diario «Non v’è stagione in cui non ci si veda circondati d’ogni parte da generi commestibili; il napoletano non solo ama mangiare, ma esige pure che la merce in vendita sia bellamente presentata

goethe diario napoli monsù


La nobiltà siciliana

La nobiltà siciliana viene fortemente influenzata da quella napoletana.

La presenza del sovrano Ferdinando IV e della sua corte a Palermo per ben due volte – tra 1798 e 1799 e poi, dopo la cacciata da parte di Napoleone, dal 1806 al 1815 – contribuisce sicuramente ad influenzarne anche la cucina. È così che anche in Sicilia arriva l’uso di possedere in casa un Monsù, un capocuoco spesso mandato dalla famiglia di appartenenza a studiare i segreti della cucina francese nella capitale.

Sono creazioni dei Monsù le torte salate di pasta brisée farcite, così come l’agrigentino pastizzu di cavateddri, piatto unico di pasta dolce che racchiude un ripieno salato, e il pastizzu di piseddra e corcocciuli tipico dell’interno dell’isola, involucro di pasta dolce che racchiude strati di pisellini e carciofi stufati con cipolle o con carne di agnello, cavolfiori o broccoletti, impasto con carne di maiale e di vitello tritata, uova, pecorino grattugiato, patate, salsiccia, prezzemolo e cipolla.

Piatti unici che arricchiscono la gastronomia locale, spesso raccogliendo ingredienti da diverse dominazioni.

Questo vale sicuramente nel campo dolciario: la cassata, ad esempio, nata come semplice dolce contadino, si trasforma in regina della pasticceria internazionale grazie al pan di Spagna, arrivato dalla penisola iberica, al cioccolato azteco, allo zucchero e ai canditi di origine araba. Il tutto, come sempre, supervisionato dalla sapiente arte dei Monsù.

Parallelamente alle ricette aristocratiche, nascono le varianti popolari, che si affermano attraverso camerieri e collaboratori che, rubando i segreti degli chef, reinventano le pietanze.

Un esempio è quello dell’agrodolce, usato inizialmente per conservare pesci e carni e diventato poi fondamentale per ospitare i tocchetti di melanzane e carciofi nella caponata.


Avere un Monsù insomma, era una consacrazione a cui nessuna famiglia nobile rispettabile poteva rinunciare e nulla veniva risparmiato per procurarsene uno. E se ad un certo punto queste figure sparirono, con l'avanzare della cucina internazionale, la loro eredità perdura ancora oggi nelle ricette della raffinatissima cucina aristocratica napoletana e siciliana detta, appunto, cucina dei monsù.


Cucina dei Monsù regno due sicilie

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