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L’età d’oro della Palermo araba: com'era la città nel X secolo

Intorno al 973 il viaggiatore iracheno Ibn Hawqal arriva a Palermo: inizia così a girarla e a descriverla nei suoi diari, che costituiscono oggi la fonte più importante per la conoscenza della Palermo del X secolo e di tutta l'età islamica. Com'era dunque la città? Ve lo raccontiamo prendendo in prestito le preziose informazioni contenute nel saggio Palermo araba, di Ferdinando Maurici.


Gli arabi a Palermo: una storia lunga due secoli

La storia della Palermo arabo-islamica si apre con un grande assedio, quello dell’830, durato circa un anno. Sul cadavere dell'ex città bizantina nasce nel corso degli anni la Madina Balarm o Madina Siqilliya, la città per eccellenza dell'isola,  polo strategico tra Andalusia, Oriente e Maghreb.

Inizialmente al potere abbiamo gli aghlabiti, provenienti dall'Ifriqiya, che la governano fino al 910.


Agli inizi del X secolo, con la crisi del centralismo califfale, nasce la dinastia fatimita, che si afferma dapprima in Nord Africa e poi in Sicilia, con l’arrivo del primo governatore Ibn Abi Hinziîr.

La conquista militare del territorio siciliano si era conclusa una prima volta nel 902 con la sottomissione del Val Demone, ma con il cambio di regime la reazione locale non si fa attendere e scoppia la rivolta. Sono soprattutto Agrigento e Palermo a guidare la ribellione; quest'ultima in particolare, dopo un assedio durato sei mesi, viene punita ferocemente.


L'età d'oro dei kalbiti e la struttura della città

È solo nel 948, con l'arrivo dell’emiro al-Hasan ibn ‘Ali al-Kalbi” e la nascita dell'emirato ereditario e indipendente retto dalla dinastia dei kalbiti, che la Sicilia conosce il suo apogeo, con una rigogliosa attività edile, una risistemazione dell'assetto urbano e la fioritura delle arti e delle lettere.

In seguito alle precedenti rivolte, nasce però l’esigenza di fortificare i possedimenti, fabbricando delle mura per la capitale.

Quando il viaggiatore iracheno Ibn Hawqal - preziosa testimonianza per tutto quello che riguarda la storia della Palermo araba - giunge in città, nel 973, rimane stupito proprio dall'imponenza della cinta muraria e dal numero di porte, almeno una decina. La più importante era sicuramente la porta di mare o Bab al bahr, da collocare probabilmente nell'area compresa tra corso Vittorio Emanuele e la chiesa di S. Antonio Abate.

All'interno della cinta, la città antica, detta Balarm (termine usato per indicare indifferentemente la città o il suo nucleo originario) e con essa la moschea del venerdì, secondo Ibn in grado di ospitare fino a 7000 persone!

Una curiosità: a quanto pare essa ospitava una bara di legno, che si pensava ospitasse le spoglie del grande filosofo Aristotele.


La città appariva bianca e rossa per l’uso nell'edilizia di pietra calcarenitica, forse intonacata, e di argilla.

La colonna vertebrale era la grande strada chiamata al-simat, lunga circa 1 km ed erede dell’asse della città punica e romana: l’attuale corso Vittorio Emanuele.

Più stretta, meno rettilinea, fiancheggiata da edifici più bassi degli attuali ma più alti della sua larghezza e per questo oscura e poco luminosa. 


Le attività umili o recanti fastidi come quelle dei macellai stavano lungo la cinta di mura e presumibilmente vicino la porta di mare, dove risultava non troppo complicato lo smaltimento dei rifiuti vicino alla futura Vucciria. Con loro anche venditori di cotone, cardatori, calzolai.

Di fronte alla città antica si erigeva l’altra Madina fortificata: al – Halisa, dove risiedevano sovrano e seguito, con tanto di moschea privata.

Attorno al nucleo murato della vecchia Balarm si era sviluppato quello che senza dubbio possiamo definire un grande rabad, un sobborgo cioè non ancora cinto da mura, suddiviso in vari quartieri, o harat.


I quartieri fuori dalle mura

Il più grande e popoloso era l’harat a saqaliba, letteralmente quartiere degli schiavoni, termine con il quale ci si riferiva agli slavi e più in generale agli schiavi europei o agli europei in genere. Essi formavano gli eserciti impiegati dai fatimiti contro i bizantini della Calabria. Pare che il quartiere si trovasse nella zona a nord e nord est della Balarm murata, al di là del torrente Papireto, corrispondente al futuro quartiere normanno Seralcadi (sari al-qadi, la strada del giudice) dall’attuale quartiere del Capo fino al Castello a mare.


Il secondo quartiere, Ibn saqlab, prendeva il nome dalla vicina moschea e si trovava sulla riva del fiume Wâdî al-‘Abbâs, largo e rapido, caratterizzato da numerosi mulini e, nelle vicinanze, giardini e vigneti. Così era un tempo l’Oreto.

Difficile collocare questa zona con precisione: secondo alcuni fra la Chiesa di san Nicolò da Tolentino e le vie Calderai e Divisi, secondo altri fino all’attuale chiesa di san Nicolò all’Albergheria.


Vi era infine il quartiere nuovo: harat al gadida. Notevolmente esteso, raggiungeva quello della moschea nell’area dove si trova la chiesa della Magione.

Alcuni citano anche il quartiere degli ebrei harat al yahud, ubicato fino all’espulsione del 1492 presso la chiesa di Nicolò da san Tolentino con gli attuali vicolo e piazzetta Mesquita.

All’interno di questa zona extra muraria, e in  particolare tra la moschea e il quartiere nuovo, stava la maggior parte dei mercati, denominati in base alla mercanzia venduta e con buona probabilità separati gli uni dagli altri per genere. Ancora oggi, a distanza di mille anni, questa parte della città ha mantenuto dei quartieri interamente dedicati, come la via mercato dei Calderai (profumi o spezie) o quella dei Lattarini (abbigliamento e calzature).


Palermo, una città musulmana medievale

La Palermo di Ibn Hawqal presenta complessivamente tutti gli elementi riscontrabili nelle grandi città musulmane medievali.

In generale, si tratta di uno spazio urbano differenziato e gerarchizzato: una grande Madina, erede della città antica, già centro del potere politico, che contiene al suo interno la moschea del venerdì e un vasto mercato allocato lungo la via principale; e ancora altre moschee, scuole di vario livello, oltre al tessuto abitativo.

Intorno, una campagna fertile e ricca di acque, assai più intensamente coltivata e popolata di quanto Ibn Hawgal non dica: una campagna nella quale si sarebbero contate ben duecento moschee.


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