Fu la capacità di assorbire e di mischiare diverse tradizioni, araba e nord-europea, latina e greca, il segno distintivo della conquista normanna in Sicilia. Utilizzando abilmente queste tradizioni, il conte Ruggero si trasformò da avventuriero senza terra in uno dei sovrani più potenti del mondo.
All’inizio dell’XI secolo c'erano diversi gruppi di avventurieri provenienti dalla Francia settentrionale che si guadagnavano da vivere facendo i mercenari nell’Italia meridionale.
A tale richiesta si aggiunse il benestare del papa Niccolò II, che nel 1059 autorizzò questi guerrieri a governare tutto il territorio dell’Italia meridionale che riuscissero a conquistare; in cambio, il Guiscardo acconsentì a non riconoscere l’autorità religiosa di Costantinopoli, dopo lo scisma d’oriente del 1054 con il quale Michele I Cerulario e Leone IX si erano scomunicati a vicenda.
Ai Normanni si presentò così un'occasione unica per fare il proprio ingresso in una terra che due secoli di dominazione araba avevano reso
incredibilmente ricca, con grandi colture di zucchero, cotone, zafferano e, soprattutto,
grano.
D'accordo con il Guiscardo, la conquista della Sicilia toccò a Ruggero.
Nel
1061, l'invasione ebbe inizio con la
conquista di Messina, che divenne l’iniziale quartier generale. Da qui partì una serie di campagne nella zona orientale dell'isola.
Al
1063 risale la celebre
battaglia di Cerami, su cui diverse leggende sono nate nel tempo: prima fra tutte, quella secondo cui
San Giorgio, vestito di bianco, a cavallo, armato di una lancia con croce vermiglia,
avrebbe rotto le righe dell'esercito musulmano, conducendo i Normanni alla vittoria.
Al di là del mito, intorno al 1064 Ruggero aveva sottomesso la zona nord-est, dividendosi un gran bottino con il fratello.
Dopo aver conquistato Cerami, Troina ed altre città, i due
si impadronirono di Catania nel 1071.
Nello stesso anno, il Guiscardo arrivò a Palermo con mercenari e congegni per l'assedio.
Dopo un blocco di sei mesi, gli abitanti si arresero; pagarono un tributo e, in cambio, ricevettero il riconoscimento della loro religione e di una certa autonomia.
Piccola curiosità: a questo periodo risalirebbe la fondazione delle
Chiesa di San Giovanni dei lebbrosi, sul sito di un precedente castello saraceno.
In altre occasioni, comunque, gli uomini del Guiscardo erano stati più spietati, uccidendo i prigionieri e vendendo come schiavi donne e bambini: la prospettiva di ottenere degli schiavi era infatti uno dei mezzi con cui i normanni riuscivano a convincere altri avventurieri ad unirsi al loro esercito.
Un esempio di questo comportamento si avrà qualche anno dopo, con la
vittoria sulla rocca del monte Judica, nella piana di Catania, che verrà distrutta e
i cui abitanti verranno
appunto
uccisi o venduti come schiavi.
Nel 1072 Roberto il Guiscardo dovette tornare in Puglia per combattere contro i baroni ribelli e difendere i suoi possedimenti; fu affidato a Ruggero, in qualità di conte di Sicilia e Calabria, il compito di completare la conquista e installare un governo.
L’ultima fase della conquista fu lenta e Ruggero dovette tornare più volte in Calabria, per dare sostegno a suo fratello. Durante la sua assenza ci furono delle ribellioni e l'esito della guerra rimase a lungo incerto.
Castrogiovanni, unico punto strategico dell’interno,
cadde soltanto nel 1088. Tre anni dopo fu la volta di Noto, l’ultima importante roccaforte della Sicilia musulmana.
Nonostante la violenza della conquista, il periodo che seguì fu di relativa pace. Ruggero capì che gli sarebbe stato utile servirsi di impiegati e contabili in grado di capire la macchina amministrativa esistente; per questo non ci fu un’immigrazione massiccia e fu permesso a molti arabi di tenere beni, terre e, a volte, perfino i castelli.
I soldati musulmani, inoltre, costituirono un nucleo significativo dell’esercito di Ruggero e furono utilizzati a volte contro gli stessi normanni ed altri nemici cristiani.
Probabilmente per via delle condizioni favorevoli concesse, la Sicilia fu molto più remissiva delle province sulla terraferma.
Parallelamente, diede inizio a un processo decisivo di latinizzazione, posizionando normanni e francesi transalpini nei ruoli di responsabilità maggiore, creando di fatto una nuova classe dirigente. In cambio del servizio militare, veniva data terra e talvolta la possibilità di portare con sé i coloni delle terre d’origine. Il risultato principale di questa immigrazione fu che
nel giro di appena due secoli, in una regione in cui la lingua dominante era l’arabo, si passò al latino.
Fonti consultate:
- Storia dei musulmani in Sicilia, Michele Amari
- Breve storia della Sicilia, Finley, Smith, Duggan, Editori Laterza
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