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Margherita di Navarra e la difficile reggenza siciliana

Cognata di Costanza d'Altavilla - moglie del fratello Guglielmo I, detto il Malo - Margherita di Navarra assume il ruolo di reggente alla morte del marito.

Nel corso dei suoi cinque anni di regno affronta intrighi e congiure, lottando duramente contro la sete di potere dei nobili siciliani.

Consegnerà la Sicilia al figlio Guglielmo alla maggiore età, ritirandosi a vita privata e dedicandosi alla costruzione di monasteri.


Sposa di Guiglielmo il Malo

Terza figlia del re di Navarra García V Ramírez, detto el Restaurador, Margherita nasce nel 1128 e, ad appena ventidue anni, giunge in Sicilia per sposare Guglielmo d’Altavilla, figlio di Ruggero II e fratello di quella Costanza che genererà Federico II di Svevia. La coppia avrà quattro figli: Ruggero, Roberto, Guglielmo ed Enrico.

Nel 1154, alla morte di Ruggero II, Guglielmo I sale al trono

Educato e cresciuto nello sfarzo e nella ricchezza, continua la sua vita agiata e lussuosa circondato dal suo harem di concubine, mostrando scarso interesse per gli affari di governo e preferendo affidarne la gestione ai suoi ministri. Questi suoi comportamenti non passano inosservati agli storici, che lo consegnano alla memoria dei posteri con l'appellativo di Guglielmo il Malo.


Il signore di Caccamo e la congiura dei nobili

La giovane Margherita, invece, si immedesima presto nel suo ruolo di regina, dimostrando un carattere energico e caparbio. Siamo in un periodo piuttosto travagliato della vita del regno, vessato dalle minacce esterne dell'impero germanico di Federico I Barbarossa e di Bisanzio e da quelle interne dei baroni avversi all'assolutismo stabilito da Ruggero II.

La nuova regina cerca di condizionare le scelte del marito e di attenuarne gli eccessi, osteggiando in particolare la grande aristocrazia.

La sua predilezione per un certo Maione da Bari, che diviene cancelliere e grande ammiraglio, fa nascere voci malevole su una relazione tra i due.

Alla fine Maione viene ucciso in un’imboscata da Matteo Bonello, signore di Caccamo. Poco tempo dopo, questi ordisce una congiura ai danni del re con un gruppo di nobili che guiderà, nel marzo 1161, in un vero e proprio assalto al palazzo reale.

Guglielmo I viene preso in ostaggio e costretto a dichiarare che abdicherà in favore del primogenito.


Margherita reggente del Regno

Bonello gestisce male la rivolta e, quando tutto sembra perduto, Guglielmo riesce ad avere la meglio e a riportare l’ordine, con una feroce punizione per i traditori. Il piccolo Ruggero, tuttavia, perde la vita in circostanze poco chiare.

Nel 1166 muore anche il figlio Roberto e lo stesso sovrano, colpito da una grave forma di dissenteria, scompare, non prima però di affidare a Margherita la reggenza del Regno fino alla maggiore età del figlio Guglielmo.

Da reggente, Margherita fa grandi concessioni per guadagnarsi il favore dei sudditi: libera diversi detenuti, ai quali rende le terre e condona i debiti, richiama i conti e i baroni  in esilio e restituisce loro i feudi confiscati e abolisce i pesanti tributi che il marito aveva imposto in cambio del perdono alle città e terre ribelli.


Per cinque anni, sarà lei, una donna, a reggere il Regno normanno di Sicilia, tormentato da rivolte e minacce. Tuttavia, non da sola.

Vedova e sovrana, avrebbe voluto liberarsi di quei nobili che fino ad allora avevano controllato ogni sua mossa, ma, prima di morire, il re aveva decretato che le venisse affiancato un Consiglio di reggenza, formato da Riccardo Palmer, vescovo di Siracusa, e Matteo d’Aiello, protonotaro.

Come trovare persone degne di fiducia e in grado di aiutarla nel governo? Non voleva vicino a sé feudatari, nel timore che potessero usurpare il regno, ma nemmeno prelati, per non offrire alla Chiesa la possibilità di attuare un rovesciamento di poteri. Doveva agire con diplomazia.


Gli uomini di Margherita

Decide quindi di rivolgersi ai parenti d'Oltralpe: nell’estate del 1167 sbarcano a Palermo trentasette uomini tra i quali Stefano di Perche, un cugino, Gilberto, poi conte di Gravina, e Pietro di Blois, scrittore e diplomatico, che diventerà il precettore di Guglielmo II.

La corte di Palermo in questo periodo è dunque in stretto contatto con la Normandia e nel Palazzo Reale si dà ampio spazio allo studio della lingua e della cultura francesi.

Dopo appena due mesi dallo sbarco dei suoi connazionali, Margherita nomina Pietro di Blois sigillarius in Sicilia, con un potere secondo solo al suo e a quello di Stefano di Perche, che diviene primo ministro del Regno.


Stefano di Perche

La regina continua indisturbata il suo operato, riempiendo Pietro di Blois di onori e nominandolo arcivescovo di Palermo. Stefano diviene impopolare per il rigore con cui perseguita la corruzione e gli abusi, tentando tra l'altro d’introdurre norme e costumi francesi e di accentrare il potere a danno dei poteri locali.

I magnati della Curia e i potenti danneggiati da Stefano criticano la concessione di cariche e feudi ai cavalieri francesi e iberici e, con l'obiettivo di screditarlo, mettono in giro la voce, ancora una volta, di un amore - questa volta incestuoso - con la regina.

Persino il fratellastro della regina, Enrico di Montescaglioso, si schiera dalla parte dei nobili e si rende disponibile per una congiura ai danni della sorella.

Di fronte a questa spinosa situazione, Stefano dapprima trasferisce la corte da Palermo a Messina, ma entrambe le città si ribellano e la sede palermitana viene presto ripristinata.

Alla fine, la rivolta dei nobili capeggiata da Matteo d'Aiello lo obbliga a fuggire, scappando dalla reggia assaltata e mettendosi in salvo attraverso un passaggio segreto.


La vittoria dei nobili e la clausura

Margherita, rimasta sola, è obbligata ad ampliare il Consiglio: tra i nuovi consiglieri, il fratellastro Enrico, conte di Montescaglioso, Matteo d'Aiello e Riccardo Palmer, i quali da questo momento esercitano il vero potere.

Il fedele Gilberto, conte di Gravina, viene espulso e invano Margherita si oppone alla decisione dei nobili, così come inutilmente si appella al papa per il cugino Stefano.

Quell’ambiente ostile, dove primeggia una nobiltà assetata di dominio, sovrasta la volontà di una sovrana che, in quanto donna, rimane così ai margini della vita politica, restando reggente solo sulla carta.

Nel dicembre 1171 Guglielmo II, divenuto maggiorenne, inizia a regnare in autonomia.

Nel 1172 Margherita piange la morte del figlio minore Enrico, principe di Capua.

Lontana dagli intrighi di palazzo e ormai rassegnata al suo triste destino, trova conforto nella religione dando avvio, nel 1172, alla costruzione della sua ultima dimora terrena: l’abbazia benedettina di Santa Maria di Maniace di Bronte, dove si chiude in clausura fino alla morte, il 31 luglio 1183. Le sue spoglie sono conservate nel duomo di Monreale, insieme a quelle del marito Guglielmo I e dei figli Ruggero, Enrico e Guglielmo.


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