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Topazia, Adelaide e le altre: quando l'arte è donna

In questo articolo vi proponiamo una breve rassegna di profili femminili che hanno dato un contributo significativo alla storia dell'arte e che tuttavia, anche se in epoche diverse, hanno ricevuto spesso scarsa attenzione dalla critica, che ne ha minimizzato il valore.

Dalla francese Adelaide Atramblé, alla siciliana Topazia Alliata, dalla giapponese O'Tama Kiyohara fino alla cremonese Sofonisba Anguissola e alla danese Elisa Boglino, scopriamo queste artiste e la loro produzione.


Topazia Alliata

Folti capelli dorati, occhi azzurri, viso fiero: Topazia Alliata sembra quasi una stella del cinema nelle foto d'epoca che la ritraggono. Nasce a Palermo nel 1913 da una famiglia nobiliare, quella dei duchi di Salaparuta, che la incoraggiano fin da giovanissima a coltivare il talento artistico innato. 

In questo ambito, la sua cerchia di amicizie vanta nomi non da poco: basti citare Renato Guttuso, che, stregato, la immortala in diversi ritratti e le è sodale per anni. 

Forte e coraggiosa, a venticinque anni sposa l'intellettuale fiorentino Fosco Maraini, destando scandalo con un disegno, per le partecipazioni di nozze, che li ritrae nudi, abbracciati. 

Debutta nel 1931 e fin da subito mostra i segni di una rottura con l'iconografia della quotidianità femminile cara a molte colleghe. 

Predilige i ritratti, tra i quali celebre è la coppia inseparabile di dipinti che rappresentano il marito e se stessa, entrambi nelle vesti di alpinisti, sullo sfondo delle guglie del Brennero.

Durante la guerra segue il marito in Giappone, finendo imprigionata per due anni in un campo di concentramento. Finalmente liberata, ricomincia da zero investendo sull'azienda vinicola di famiglia. 


Sofonisba Anguissola

Discendente di una nobile famiglia piacentina, Sofonisba Anguissola nasce a Cremona il 2 febbraio 1532. È inizialmente dama di corte della regina Elisabetta e ritrattista ufficiale della famiglia reale in Spagna, fino a quando non sposa il palermitano Fabrizio Moncada, e si trasferisce per un periodo in città, dove è oggi sepolta, nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi.

Durante la sua vita entra in contatto con i nomi più importanti dell'arte del tempo, come Michelangelo, che ne apprezza i disegni giovanili e Van Dyck, suo ammiratore, che la ritrae durante un incontro avvenuto presso la corte del Viceré di Sicilia, Emanuele Filiberto di Savoia e a cui dà lezioni di pittura.

Il Vasari ebbe modo di vedere alcune opere come la celebre "Partita a scacchi", che commenta così "tanta diligenza e prontezza, che paiono vive, e che non manchi loro altro che la parola".

L'iscrizione sul bordo della scacchiera ci dice che Sofonisba era ventenne quando dipinse  le sue sorelle in questo quadro.


Adelaide Atramblé

Adelaide nasce a Parigi il 25 settembre del 1822, da una famiglia di nobile casato.

Dopo un'adolescenza trascorsa coltivando le arti, la musica, la poesia e il disegno, compiuti i ventuno anni di età, il padre la introduce alla vita di corte di Ferdinando II di Borbone delle Due Sicilie, a Napoli. Qui, Adelaide matura la propria inclinazione alla pittura e viene influenzata dalle suggestioni della Scuola di Posillipo. 

In un soggiorno a Chieti, conosce un giovane magistrato palermitano, Domenico Sommariva Grenier, con cui si  sposa, trasferendosi a Palermo.

Tra le sue opere spicca "L’Assedio di Napoli", la prima prova artistica e certamente la più ardua.

In questo dipinto di grandi dimensioni (95 x 94 cm) figura la piazza d’armi di Castel Sant’Elmo a Napoli durante l'assedio, avvenuto cinquant'anni prima, ad opera del generale Championnet per la fondazione della Repubblica Partenopea. 

Un soggetto militare fuori dai canoni, inusuale per una donna.

Ci sono rimasti numerosi disegni a carboncino, acquerelli e varie opere minori, ma di lei parlano soprattutto le altre due tele, la Veduta di Capaci con l’Isola delle Femmine (49,5 x 75 cm) e la Veduta di Catania (49,5 x 75 cm), con le quali si inserisce nella scia dei paesaggisti napoletani

Adelaide si dedica alla pittura senza alcuna ambizione artistica ma per suo esclusivo “diletto”: dipingere faceva parte della sua cultura, del suo sentire, ma era una passione coltivata  "sottovoce”, per le restrizioni che la società dei tempi imponeva alle donne. Anche per questo, non firmò mai i suoi quadri, destinati a rimanere nell’esclusivo ambito familiare.


O'Tama Kiyohara

Nata nel 1861 a Tokyo, qui a sedici anni O’Tama conosce lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa, che si era recato in Giappone per fondarvi la prima Accademia d'arte occidentale dell'Impero.

Inizia un connubio, sia artistico, che affettivo, che porterà O'Tama a Palermo, dove i due si sposano e aprono la Scuola Superiore d'Arte Applicata.

O'Tama prende il cognome del marito e il nome europeo di Eleonora e con essi spesso firma i suoi dipinti.

In Sicilia la donna rimarrà per 51 anni, lavorando e affermandosi come artista al fianco del marito, fino alla morte di questi, quando decide di fare ritorno al paese d'origine.

Qui, nonostante le difficoltà di ambientamento (ormai non parlava quasi più il giapponese), apre una bottega di pittura a Shiba, in cui insegna l’arte e la cultura siciliane.

Pittrice raffinatissima, O’Tama ha saputo miscelare il tratto sognante del suo rigido Paese alle suggestioni europee dell’Impressionismo e del Vedutismo, dando così un forte impulso al Giapponismo.

Estremamente versatile, ha utilizzato tecniche diverse, dall'acquerello all'olio su tela, dal pastello alla pittura murale e trattato i soggetti più disparati, paesaggi, ritratti, nature morte ma anche animali e temi religiosi.


Elisa Maria Boglino

Elisa Maria Maioli nasce a Copenaghen il 7 maggio 1905 e rivela fin da subito le sue tendenze artistiche. Tra i quindici e i sedici anni si iscrive all’Accademia Reale danese dove studia diversi anni.

Colpisce il regista Theodor Dreyer, in visita in Accademia alla ricerca di un volto per un suo film: la sceglie subito, ma Elisa non accetta, perché non vuole dedicarsi ad altro che alla pittura.

Nel 1925, espone a Charlottenborg, vicino alla capitale danese. 

Ogni primavera, con la madre Elisa intraprende viaggi culturali a Parigi, a Londra, in Italia, nel RIF. Nel 1925 arriva a Palermo per studiare l’arte arabo-normanna, da cui è affascinata. 

Due anni dopo sposa l'avvocato Giovanni Boglino e ne prende il cognome anche in ambito artistico.

Lontana dalla tipologia della pittura murale alla moda negli anni Trenta, nazional-popolare, laica, possente, Elisa si cimenta in visioni bibliche, in cui si manifesta la sua conoscenza profonda di Giotto, Masaccio, Luca Signorelli, Piero della Francesca.

Un esempio è il dipinto del buon Samaritano, che mostra una figura viva, con una dinamicità accentuata dalla ondulazione del paesaggio, viva per quel rosso della veste, che domina sui toni più lividi, verdastri, della natura circostante, colori tutti metaforici. 

La deliberata rottura con il linguaggio della bellezza e della perfezione, con il lessico della classicità, innesca in lei l’urgenza di affrontare la rappresentazione delle miserie dello spirito e della carne, alla maniera di Munch, di Nolde o dell’arte fiamminga e nordica in generale.


Questi sono solo alcuni esempi dell'ampio panorama dell'arte o - per usare un termine a noi caro - del "bello" al femminile, che meritano di essere oggetto di studio e di divulgazione.

E questo vale anche per la letteratura, per la storia, per le scienze naturali: tutti campi in cui il contributo della donna c'è, anche se spesso viene taciuto.

Per conoscere queste e altre splendide protagoniste dell'arte, scopri:



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